È un’atmosfera ricca di suggestioni e carica di misticismo quella che caratterizza la Settimana Santa in Puglia. La sacra liturgia e la pietà popolare rivivono nelle tradizionali processioni di Pasqua: un viaggio nel tempo nei riti tramandati da secoli di padre in figlio all’interno delle confraternite. E’ il caso dei Sepolcri dei Pappamusci, nome dialettale che, a Francavilla Fontana, viene usato per indicare gli adepti della Confraternita del Carmine che, il pomeriggio del Giovedì santo, a piedi nudi, vestiti di bianco, con in mano un bastone, percorrono le strade e passano innanzi alle chiese, inginocchiandosi dinanzi agli altari della reposizione. A Noicattaro, sempre il Giovedì Santo, a sera, i Crociferi escono dalla chiesa della Madonna della Lama, dinnanzi alla quale fiammeggia un gigantesco falò, incappucciati e vestiti di nero con una pesante croce di legno sulle spalle. Procedono a piedi nudi e trascinano, legata a una caviglia, una catena di ferro. Passano in processione attraverso la città e ad ogni Chiesa, depongono la croce e camminando in ginocchio, vi fanno ingresso, per poi fustigarsi con la catena e riprendere il cammino. Ancora più suggestiva, sempre a Noicattaro, alle due del mattino la processione dell’Addolorata: nel buio assoluto, spenta tutta l’illuminazione pubblica del paese, donne velate, vestite a lutto e i Crociferi, percorrono a piedi alcune vie della città. L’emblema della ritualità pasquale in Puglia, però, resta, senza ombra di dubbio, Taranto. I riti della Settimana Santa di Taranto sono tra i più antichi e particolari di tutta Italia. La Settimana Santa tarantina ha inizio con lo scambio dei ramoscelli d’ulivo la Domenica delle Palme (rito diffuso in tutta Italia), giorno in cui le due storiche Confraternite, di Maria Addolorata e San Domenico, e quella del Carmine, danno luogo alle loro gare per aggiudicarsi l’onore di partecipare alle processioni di Giovedì e Venerdì Santo. Imponenti le processioni del Giovedì e del Venerdì Santo a Taranto, che si snodano nelle viuzze pavimentate a lastrico della città vecchia e nel centro cittadino. Nel primo pomeriggio del Giovedì Santo inizia il pellegrinaggio dei Confratelli del Carmine ai Sepolcri, più giustamente detti altari della Reposizione che vengono allestiti in ogni Chiesa della città. Questi uomini, i Perdoni, perduni in dialetto tarantino, avanzano con un dondolio lento ed esasperante che i tarantini chiamano “a nazzecate” e simboleggiano i pellegrini che si recavano a Roma in cerca del perdono di Dio. La processione che dura molte ore per via del lento incedere dei perdoni, devono rientrare al Carmine entro la mezzanotte del Giovedì Santo, quando, dalla Chiesa di San Domenico, parte la processione dell’Addolorata. E’ aperta dal troccolante, confratello che porta la troccola, tavola di legno nero, orlata di argento con 4 maniglie di ferro che, agitata, produce un caratteristico rumore (un caratteristico “trac-trac” dal quale potrebbe derivare la parola). Seguono la banda con le marce funebri, le pesare, la Croce dei Misteri, le poste, intervallate dai crociferi, l’Addolorata, statua lignea con un lungo abito nero che porta nella mano destra un fazzoletto bianco e nella sinistra un cuore. La processione è chiusa da una seconda banda. Questa processione si conclude solo il pomeriggio del Venerdì Santo alle 17:00 per consentire l’inizio della seconda processione, quella dei Misteri, che dalla Chiesa del Carmine si snoda per le vie del centro storico e del cuore della città per farvi nuovamente ritorno alle prime luci del mattino del sabato. A sfilare per la città, in questo caso, sono le statue rappresentanti la passione di Gesù. Anche la processione dei Sacri Misteri è aperta dal troccolante, seguito dalla prima banda. Subito dolo la Croce dei Mister. Tra le statue (La Croce dei Misteri con le statue di Gesù nell’orto dei Getsemani, Cristo flagellato, l’Ecce homo, la Cascata, il Crocifisso, la Sacra Sindone, Cristo Morto, l’Addolorata) accompagnate in processione, i perdoni, gli uomini della Confraternita del Carmine, scalzi e incappucciati, procedono spalla a spalla, con passo impercettibile, in coppie, accompagnati da struggenti marce funebri, vestiti con l’abito tradizionale: un rosario nero, un camice e un cappuccio bianco, cappello nero dalle falde larghe, un drappo di seta blu. Una seconda banda si colloca dopo la Sacra Sindone, mentre una terza chiude la processione. Il rientro avviene entro le 7 del Sabato Santo con un rituale davvero emozionante: il troccolante, col volto rigato di lacrime, dà un colpo con la mazza e bussa tre volte al portone della Chiesa del Carmine. Esso viene aperto e le statue rientrano. Ogni anno, i riti della Settimana Santa di Taranto attirano milioni di visitatori e curiosi. E’ l’evento più importante dell’anno per la Città. Tra i Riti della Settimana Santa, una menzione particolare merita la Passio Christi di Ginosa, rappresentazione vivente degli ultimi attimi della vita di Gesù, dall’Annunciazione alla morte, fino alla Resurrezione rievocata con l’ausilio dei narratori e dell’accompagnamento musicale. La sacra rappresentazione prende il via con la sfilata dei figuranti in costume, dislocata tra le diverse strade e piazze, illuminate da fiamme di tripodi. L’evento si rinnova da ben 44 edizioni alla vigilia della Domenica delle Palme e alla vigilia della Domenica di Pasqua.
Foto Michele Grecucci da https://www.facebook.com/TarantoSettimanaSantaOfficial/